Regola numero uno per ridurre l’assorbimento dei grassi alimentari da parte della mucosa intestinale: mangiare tante fibre.
Non tutti gli acidi grassi, o lipidi, che assumiamo attraverso l’alimentazione sono ugualmente assorbiti dal corpo a livello intestinale. Alcuni di loro, come ad esempio i grassi saturi, trans o idrogenati, vengono sì assorbiti dall’organismo, ma una parte di essi non viene riconvertita in energia ma accumulata sotto forma di riserve (di adipe, di colesterolo e di trigliceridi). Al contrario, i grassi monoinsaturi e polinsaturi – tra cui gli omega 3 del pesce e gli oli vegetali come l’extravergine d’oliva – non si accumulano ma vengono subito trasformati in energia.
Questo significa che bisogna fare una distinzione, quando si parla di grassi, tra quelli “buoni” e quelli “cattivi”, privilegiando appunto i secondi che sono indispensabili all’organismo per la costruzione cellulare e per veicolare nel sangue e nei tessuti sostanze importanti per la loro salute.
Detto questo, non dobbiamo esagerare con l’assunzione di questi pur importanti macronutrienti; l’ideale è non superare una quota giornaliera adeguata al nostro benessere che dovrebbe situarsi intorno al 30% del fabbisogno energetico totale.
Un modo molto semplice per inibirne l’assimilazione è di associarli alle fibre alimentari. Queste ultime, infatti, influiscono sulla percentuale lipidica assorbita dai villi intestinali, in particolare le fibre solubili contenute, ad esempio, nella buccia di alcuni frutti come le mele e nei legumi.
Per questa ragione i nutrizionisti consigliano di consumare alimenti ricchi di grassi, soprattutto saturi come quelli di origine animale, in associazione a cibi contenenti fibre, come frutta e verdura, legumi e cereali integrali.
Una fibra che ha la capacità di legarsi molto bene ai grassi presenti nell’intestino, aiutando a ridurne l’assorbimento, è il chitosano.